Interprete e traduttrice

Intervista a un bilingue italiano-russo che non lavora con le lingue

Andrea, bilingue italiano e russo, ci racconta la sua prospettiva da bilingue e la sua scelta non convenzionale di intraprendere un percorso lavorativo non strettamente legato alle lingue. Scrive anche un blog in cui racconta la Russia da una prospettiva da insider e outsider allo stesso tempo.

Ciao Andrea, innanzitutto grazie per aver accettato di essere intervistato! Io e te già ci conosciamo ma racconta a chi ci legge chi sei e di cosa ti occupi.

Ciao, sono Andrea e mi piace definirmi mezzosangue. Sono figlio di una coppia mista italo-russa, mia mamma è russa e mio papà è di origine napoletana. All’università ho studiato Giurisprudenza ma mi sono occupato poco di quell’ambito; oggi sono un data analyst in banca, programmo in SQL e smanetto con il computer nella Compliance bancaria. Nulla a che fare con il diritto in senso stretto e soprattutto le lingue insomma!

Come ho anticipato, sei bilingue italiano-russo. Partiamo dall’inizio e raccontaci come e quando hai imparato queste due lingue.

Ho vissuto in Russia 14 anni della mia vita. Ho frequentato le scuole elementari e medie a Mosca e successivamente mi sono trasferito in Italia dove ho frequentato liceo e università. Questo mi ha dato un’esposizione particolare alla cultura e alla mentalità russa.

In passato ho chiesto ai miei genitori che lingua avessi imparato per prima ma nessuno se lo ricorda, devo averle imparate simultaneamente. Ho sempre trascorso dei lunghi periodi in Italia anche da bambino: in estate e durante le vacanze della scuola in Russia venivo in Italia e per questo sono sempre stato immerso anche nella cultura italiana fin da piccolo.

Ad oggi pensi di possedere un bilinguismo diverso da quando eri bambino? Qual è la tua lingua dominante ora?

Penso che il bilinguismo sia sempre in divenire. Quando ho iniziato le scuole superiori in Italia mi sono accorto di avere varie lacune di grammatica italiana, che a dir la verità forse in parte ho tuttora. Si dice sempre che la lingua russa è difficile, ma il sistema verbale italiano è – a mio parere – inutilmente complicato.

Col passare del tempo ho avuto meno occasioni di parlare russo e quindi il mio bagaglio lessicale si è un po’ arrugginito. Avendo avuto esperienze professionali principalmente in Italia, padroneggio il linguaggio settoriale legato al mio lavoro soprattutto in italiano e inglese.

Credo però che in linea generale il mio bilinguismo sia rimasto pressoché invariato nel tempo.

Parlando invece della lingua dominante, quando ero bambino era sicuramente il russo, del resto vivevo lì. Ora invece l’italiano è la mia lingua dominante, mi sento più a mio agio a esprimermi in questa lingua, forse perché il mio russo è un po’ arrugginito appunto. Probabilmente se passassi un periodo in un paese russofono tornerei a sentirmi a mio agio col russo come con l’italiano.

Spesso rimaniamo talmente affascinati dal fatto che i bilingui padroneggiano due lingue che ci dimentichiamo che vivete anche in due culture diverse. Pensi che questo influenzi in qualche misura il tuo modo di vedere il mondo e il tuo approccio alla vita?

Questa è una bellissima domanda! Non mi soffermo spesso a pensarci, mi capita principalmente quando altre persone me lo chiedono. Spesso la mia opinione su fatti di cronaca è complessa e comprende più punti di vista che riescono a coesistere.. Trattandosi di due culture diametralmente diverse, a volte faccio quasi fatica a capire cosa penso; provo emozioni spesso contrastanti e non è sempre semplice fare ordine. Diciamo che è complicato ma molto stimolante, serve molta pazienza e impegno. Avere più prospettive aiuta a comprendere persone e culture diverse, aiuta anche a fare da mediatore tra posizioni differenti, avendo la consapevolezza che tutti i punti di vista sono validi.

Hai detto che le tue due culture di appartenenza, quella russa e quella italiana, sono diametralmente opposte. Ci puoi fare degli esempi?

Forse diametralmente no, ma le differenze a volte sono marcatissime. La cultura russa è tendenzialmente molto fatalista e molto marziale. I russi hanno una grande considerazione della forza, intesa anche come forza militare. In Russia esiste ancora la leva militare e a mia memoria è obbligatoria per poter accedere ad alcune carriere (ad esempio le forze di polizia). Non aver fatto il servizio di leva è qualcosa che raramente gli uomini ammettevano esplicitamente in una conversazione di gruppo. Ho avuto l’impressione a volte che senza la leva si fosse considerati uomini a metà.

Anche la letteratura russa è popolata da molti personaggi nichilisti e fatalisti che si sentono pedine in movimento inesorabile verso le disgrazie senza possibilità di cambiare la rotta del loro destino.

La collettività, ad esempio, è un valore estremamente sentito, nel senso che ciò che è bene o vantaggioso per la collettività prevale sui desideri degli individui. Mi fa pensare ai piani quinquennali, se il tuo desiderio non si incasella nel piano, ti devi far andare bene il piano.

In Occidente e in Italia l’individualismo da questo punto di vista è molto più diffuso e sentito.

E ora la domanda che tutti i miei colleghi linguisti (e probabilmente anche gli altri lettori!) si stanno facendo dall’inizio di questo articolo: non hai mai pensato di intraprendere una carriera legata al mondo delle lingue?

Sì, prima di iniziare l’università avevo partecipato a un open-day dell’Università di Bologna dove venivano presentati diversi corsi. Io avevo sempre avuto l’idea di iscrivermi a Giurisprudenza ma quel giorno ho raccolto qualche volantino anche della facoltà di interpretariato. A quel punto ho riflettuto sul fatto che se mi fossi iscritto sarei partito in netto vantaggio essendo bilingue. Mi sono però reso conto che il mio era solo un ragionamento in virtù del fatto che “sarebbe stato facile” e non volevo legarmi a vita a una professione scelta solo “perché più facile”.

Pur occupandoti di tutt’altro nella vita, ti è capitato di sfruttare il tuo essere bilingue sul lavoro? Il fatto di sapere il russo oppure un’impostazione mentale particolare.

Sì, già nei colloqui di lavoro e in alcuni ambienti essere bilingue è stata una buona carta di presentazione e ha destato curiosità. Il mio primo posto di lavoro è stato da EY e uno dei nostri clienti aveva una società del Gruppo in Russia. I russi sopra i 35-40 tendenzialmente masticano molto poco l’inglese – un po’ come gli italiani? Quindi quando c’era la necessità di rivedere alcuni documenti in russo chiedevano a me di individuare i passaggi dove venivano menzionate le informazioni che servivano in quel momento. Avrebbe potuto farlo una macchina? Forse sì. Io penso però che la supervisione umana sia sempre necessaria perché una macchina è pur sempre solo una macchina: non è in grado di comprendere quelle sfumature e dare la giusta interpretazione di una parola in quel contesto specifico.

Successivamente ho cambiato lavoro e anche in quel caso è stata necessaria la mia conoscenza del russo per eseguire degli accertamenti interni a una banca. All’interno dell’attività abbiamo dovuto analizzare il diritto fallimentare russo: comodo avere il giurista russofono in questi casi, no?

Uno dei miti dell’essere bilingui è che per voi è più facile imparare qualsiasi altra lingua straniera, anche dopo l’infanzia. La tua esperienza lo conferma?

Difficile a dirsi perché non so come sia per chi non è bilingue. Credo di sì, però. In inglese ammetto di essere stato rimandato al liceo! Poi però gli ho dedicato più tempo, l’ho approfondito anche tramite risorse online e ora ho un buon livello.

Avendo fatto il liceo classico, ho studiato anche latino e greco. Il latino è una lingua senza articoli e con i casi, esattamente come il russo. Il greco è strettamente imparentato con il russo.

Quindi in definitiva direi che in generale è probabilmente più facile, ancora di più lo è stato per me con le lingue strutturalmente simili al russo.

Ciò ovviamente non toglie che imparare una lingua richieda comunque tempo, dedizione e anche un po’ di sacrifici. Essere facilitati non significa farlo senza impegno.

Un’ultima richiesta prima di salutarci! Di ciascuna lingua io ho delle parole del cuore, per il loro suono o perché sono legata a qualcosa che mi è successo. Ci sveli la tua parola russa del cuore legata a un ricordo particolare?

È difficile scegliere una sola parola. In generale mi affascinano le parole intraducibili. Direi che la mia parola preferita è Neznaika (Незнайка) è un personaggio letterario del periodo sovietico, che viene presentato per parlare della contrapposizione degli archetipi comunista e capitalista. Questo personaggio vive in una società chiaramente comunista in cui non esiste il denaro, tutti svolgono un lavoro diverso per contribuire al bene comune e sono sempre felici.

C’è un libro intitolato Neznaika na Lune (Незнайка на Луне), da cui hanno adattato anche un cartone animato negli anni ‘90-2000, in cui questo personaggio va sulla Luna e lì scopre una società lunare, capitalista: tutti lavorano per fare soldi, lui va al ristorante, si stupisce di dover pagare il conto, fugge e per questo viene arrestato…

Il personaggio è caratterizzato per essere un po’ uno spaccone ed estremamente arrogante, anche se molto ingenuo e di buon cuore. Visto che in vari passaggi risponde ripetutamente di “non sapere” a delle domande che gli vengono fatte, la parola Neznaika (Незнайка) è entrata nel linguaggio comune e descrive per antonomasia una persona che non sa nulla, che non riesce mai a darti le risposte che ti aspetti ti dia. Vi consiglio anche di guardare il cartone animato: è pieno di musiche classiche come colonne sonore e di critica sociale al potere costituito, io lo amo tanto e ne ho parlato sul mio blog!

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